"Se hai due pani,
danne uno ai poveri,
vendi l'altro
e compra dei giacinti
per nutrire l'anima"
(massima indu')

Sito personale di Graziella Giovannini

Graziella Giovannini

I minori migranti

Immigrati: diversi/non “speciali”

Giugno 11th, 2010

 Intervento al Seminario Interregionale del MIUR sull’Orientamento – Ischia 20 maggio 2010

 

 La  presenza di studenti di origine immigrata (il 37% dei quali  nati in Italia, il 73% nelle scuole dell’infanzia e il 45% nella primaria)  sposta  due assi delle linee centrali su cui si sta muovendo il sistema orientamento:

1- riporta l’attenzione anche sulla scuola iniziale (infanzia, primaria, secondaria di primo grado) come “oggetto” di scelta, di decisione, di pari opportunità e non solo come prima tappa del futuro.

2- riporta al centro variabili  strutturali, connesse alla disuguaglianza socio-politica tra le persone e i gruppi, in un tempi in cui il focus è prevalentemente posizionato sulla dimensione motivazionale, sull’activity, l’empowerment personale.

       Rende inoltre inoltre  visibile e pregnante  l’esigenza di un orientamento che non si concentri solo sull’ autorealizzazione personale, ma prepari le persone alla convivenza in un mondo interdipendente e plurale.

        In realtà diagnosi e soluzioni non  impongono un regime “speciale” o separato per gli stranieri. Richiedono attenzione alla diversità, come per qualsiasi “persona”, ma si tratta in larga misura di interpretazioni e interventi che sono validi per tutti

 

 1- La scelta della scuola già nell’infanzia e a livello di primaria e di secondaria di primo grado

Un primo ambito di scelta  denso di conseguenze per il raggiungimento di obiettivi di parità interessa in particolar modo i genitori e ha a che fare con la individuazione della specifica scuola a cui iscrivere i propri figli a livello di primaria e di secondaria di primo grado. A questo proposito la questione non riguarda tanto la scelta di mandare o no i figli a scuola, trattandosi di scolarità obbligatoria, anche se non dobbiamo dimenticare che esiste in qualche modo una “decisione” pure nel comportamento di evasione dell’obbligo scolastico. Più significative sono le scelte che attengono alla individuazione dell’istituzione specifica a cui accedere, fra le tante che esistono all’interno di un determinato territorio.

Le famiglie italiane praticano da tempo la libertà di scegliere scuole diverse da quelle loro assegnate in relazione alla residenza, soprattutto le famiglie dotate di un buon capitale culturale e, anche, di una maggiore disponibilità finanziaria (nel caso di orientamento verso una scuola privata). La scuola dell’autonomia ha incentivato proprio la mobilità delle iscrizioni, non sempre con procedure trasparenti e non sempre con esiti efficaci in termini di miglioramento della qualità dell’istruzione. Esistono strumenti organizzati di orientamento (giornate di open school, presentazioni, comunicazioni pubbliche ecc.), ma a questo livello di scuola funziona soprattutto la rete interpersonale e interfamiliare, di cui sono certamente meno dotati i genitori immigrati. Anzi, proprio l’aumento della presenza di alunni stranieri in molti casi diventa un elemento di scelta per le famiglie italiane che tendono a preferire istituzioni scolastiche in cui gli immigrati non superino una certa soglia numerica e in cui, almeno, venga preservata l’eterogeneità. Di contro, l’esperienza degli immigrati finisce per essere una non-scelta, con problemi di integrazione, ma anche con probabili ricadute sulla disuguaglianza formativa.

Qui si innesta il tema della “concentrazione”, tema politicamente caldo e affrontato dalla circolare 2 dell’8 gennaio 2010, la cosiddetta circolare del 30%,  che imposta il tema in maniera complessa, tirando in ballo, appunto, questioni di orientamento e di costruzione di reti tra scuole. E in realtà le classi che superano il 30% sono il 5% e il 4% nella primaria e secondaria di I grado (se si guarda ai soli non nati in Italia: 1% nella primaria e 2% nella secondaria)

 2-      Il passaggio alla secondaria superiore.

Negli anni sta aumentando la presenza degli stranieri nella scuola secondaria superiore e tra i diplomati, con differenze di andamento che sono legate in qualche modo anche alle provenienze territoriali degli immigrati. La riflessione centrale, con riferimento all’equità, riguarda, da anni ormai, la disuguale presenza di italiani e stranieri nei differenti indirizzi. Mentre gli italiani sono proiettati ad una scolarizzazione prolungata che passa attraverso la scelta prevalente dei vari licei (che raccolgono circa il 40% della popolazione di questo livello di scuola), i ragazzi di origine immigrata sono presenti scarsamente nei licei, mentre affollano gli istituti professionali (42,7% in prima) e tecnici (36,8% in prima) o, anche, abbandonano più facilmente.

L’interpretazione prevalente di tali scelte è ricondotta alla disuguaglianza, generata da fattori socio-economici e culturali (non diversamente dagli italiani), da difficoltà negli apprendimenti linguistici, da carenze nei processi di orientamento da parte delle scuole e da scarsa disponibilità o preparazione all’accoglienza da parte dei licei. La scuola e la politica socio-educativa non possono certamente essere risolutive di problematiche di disuguaglianza che riguardano l’intera struttura sociale nazionale e sovranazionale, ma non sono esentate dal mettere in atto efficaci azioni di distribuzione equa delle risorse sociali e cognitive per l’accesso e la riuscita (non diversamente da quanto succede per gli italiani).

Analisi recenti in corso di pubblicazione rendono evidente che  le diversità di scelta permangono anche a parità di riuscita scolastica: quale la responsabilità orientativa della scuola media e quali le responsabilità di accoglienza dei Licei?

Le prospettive di azione, tuttavia, oltre ad innalzare il livello di parità offrendo serie chances di apprendimento fin dai primi anni di scuola o di arrivo in Italia e buone pratiche di orientamento e diritto allo studio, non possono non prendere sul serio l’esigenza (per tutti) di una qualificata differenziazione dell’istruzione secondaria superiore e della formazione professionale.

La presenza degli immigrati riporta con forza  l’interrogativo sulle modalità operative di realizzazione dei principi di uguaglianza anche in termini di organizzazione del sistema di istruzione/formazione (doppio canale e percorsi comuni, età delle scelte, meccanismi di integrazione, sistemi di alternanza) che interessano gli stranieri non diversamente dagli studenti italiani. Per i primi, oltre alla elevata probabilità di dover fare i conti con scarse risorse economiche, si aggiungono più complessi problemi di elaborazione di un progetto scolastico che si coniughi realisticamente con il progetto migratorio personale e familiare.

La vera innovazione avrebbe a che fare con una riqualificazione della formazione al lavoro. Per tutti.

 3. L’orientamento alla convivenza in un contesto  plurale e di interdipendenza mondiale

La presenza degli stranieri rende “corporea” la rappresentazione di un futuro che deve fare i conti con l’interdipendenza  mondiale e con il “giusto” (si spera..) equilibrio tra locale e globale.

E’ un problema che l’orientamento e la scuola hanno indipendentemente da loro: a quali riferimenti territoriali prepariamo le nuove generazioni? Quale il giusto equilibrio tra l’attenzione alle esigenze dei “territori” e la mobilità sia nazionale che internazionale?

 4. Le reti (per tutti)

La crescente rilevanza del fenomeno della concentrazione ha incentivato, in questi anni, la creazione di reti. La normativa sull’autonomia prevedeva già la promozione di reti, ma l’arrivo degli immigrati ha rafforzato questa tendenza. Anche da questo punto di vista, lo scenario nazionale risulta ricco di esperienze. In alcuni casi la collaborazione si è creata tra scuole della zona, anche di grado diverso, rafforzando la continuità verticale e la condivisione delle procedure d’accoglienza, sulla base di una corresponsabilità  delle  istituzioni scolastiche e del lavoro educativo comune. In altri contesti, sono nate reti tra scuole ed enti locali, utili per costruire soluzioni praticabili in relazione alle caratteristiche specifiche delle concentrazioni, per ridisegnare i “confini” territoriali e destinare risorse aggiuntive alle scuole con maggiori necessità. Esperienze di coordinamento tra enti istituzionali diversi sono nate sia su problematiche specifiche, quali ad esempio l’insegnamento dell’italiano, sia per la condivisione e valorizzazione degli strumenti e delle pratiche sperimentate. La costruzione di reti e coordinamenti tra scuole e tra scuole ed enti locali, peraltro, trova legittimazione già nella Cm 24/2006, come strategia per un’equilibrata distribuzione degli alunni e per la riduzione delle disuguaglianze e dei rischi di esclusione.  Su questo terreno si attivano le indicazioni della già ricordata   circolare 2/2010.

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